Materiale e immateriale: dove finisce il corpo e dove inizia la coscienza

Siamo abituati a considerare reale solo ciò che possiamo vedere, toccare e misurare: il corpo, la natura, gli oggetti, le persone, il denaro. Ma ognuno di noi vive anche in qualcosa che non si può toccare: nei pensieri, nelle emozioni, nelle sensazioni interiori, nell’intuizione. Non vediamo un pensiero, eppure è capace di cambiare una vita. Non vediamo un’emozione, ma può distruggere una relazione o crearla. E allora nasce una domanda: di che cosa è fatto, davvero, l’essere umano?

Il nostro corpo è ciò che vediamo e possiamo toccare. È la forma materiale. I nostri pensieri, le emozioni, i sentimenti, l’intuizione appartengono invece alla sfera dell’immateriale. Non possiamo afferrarli con le mani, ma sappiamo con certezza che esistono e che sono parte di noi. Da dove nascono? È davvero solo il corpo a produrli?

Dal punto di vista della fisiologia, in parte sì. I pensieri nascono dall’attività delle reti neuronali, l’umore si forma attraverso gli ormoni, le reazioni dipendono dallo stato del sistema nervoso. Possiamo spiegare moltissimo attraverso il linguaggio della biochimica e della neurofisiologia. E questa è una conoscenza preziosa. Ma, a un certo punto, queste spiegazioni cominciano a non essere più sufficienti.

Iniziamo a notare che il nostro stato non dipende solo da ciò che mangiamo, da come dormiamo o da quanto ci muoviamo. C’è qualcos’altro che agisce in modo più sottile, più profondo, più ampio. Nel sistema di conoscenze attraverso cui io studio l’essere umano, l’uomo non viene visto solo come un organismo biologico, ma come parte di un grande spazio energetico. Non siamo isolati dal mondo: siamo in relazione continua con esso.

Siamo fatti di processi elettromagnetici e viviamo all’interno di un enorme campo in cui lo scambio non si interrompe mai. Ci incontriamo, interagiamo, ci influenziamo non solo attraverso le parole e le azioni, ma anche attraverso gli stati interiori. E qui non ci sono dubbi su chi influisca di più: l’universo o l’essere umano. L’universo influisce sull’uomo, e l’uomo, attraverso il proprio stato, influisce sullo spazio che lo circonda e sulle altre persone. Più persone pensano nello stesso modo, più forte diventa la loro influenza sull’ambiente. Siamo parte di questo mondo e viviamo secondo le stesse leggi che governano ogni cosa.

In natura tutto è movimento, ciclo, rigenerazione continua. Le stagioni si susseguono una dopo l’altra. Un germoglio nasce, fiorisce, dà frutto, appassisce e poi si dissolve nella terra. Gli insetti vivono per una sola stagione. Gli animali cambiano pelo, colore, forma. Tutto muore e tutto rinasce. Gli stessi processi avvengono anche nel nostro corpo: le cellule si rinnovano, il ciclo mestruale nelle donne, la crescita, l’invecchiamento, il recupero. Ciò che osserviamo in piccolo, nel corpo umano, accade allo stesso modo su scala globale.

Il nostro corpo è solo una delle forme attraverso cui ciò che siamo realmente si manifesta. Possiamo paragonarlo a un fiore che nasce in primavera, fiorisce in estate, appassisce in autunno e scompare in inverno. Ma non scompare per sempre: lo fa per dare spazio, in primavera, a una nuova vita. Non esiste una morte assoluta come punto finale. Esiste un continuo passaggio da una forma all’altra.

In questa visione, l’anima viene considerata come un campo energetico-informazionale: non come una personalità nel senso abituale, ma come un portatore di esperienza, di memoria, di stati vissuti. Il corpo è la forma attraverso cui questa esperienza si realizza.

In osteopatia esiste un’immagine molto suggestiva: il liquido cerebrospinale, il liquor, viene paragonato all’anima. Non è un’affermazione scientifica letterale, ma un’immagine simbolica, una metafora. Il liquor nasce costantemente nel cervello, percorre tutto il corpo, raggiunge anche le sue strutture più lontane, si rinnova ed è in movimento continuo. E, secondo le osservazioni osteopatiche, è proprio ciò che non rimane nel corpo dopo la morte. Tutto resta — gli organi, il sangue, i tessuti — ma il movimento della vita se ne va. Per me, questa è un’immagine molto precisa del fatto che la vita non è solo materia.

Da migliaia di anni l’essere umano si pone la stessa domanda: esiste in noi qualcosa di più del corpo? Per questo gli uomini hanno osservato le stelle, i fenomeni naturali, i cicli, cercando le leggi secondo cui funziona l’universo. E hanno trovato le stesse leggi anche dentro se stessi. Hanno visto che tutto vive secondo gli stessi principi: la natura, le stelle e l’uomo.

A un certo punto, l’essere umano comincia a sentire che non è il creatore di questo mondo. Non ha creato le stelle, le montagne, il vento, la terra, l’acqua. È arrivato in un sistema che già esisteva. Gli sono stati dati strumenti, visibili e invisibili, per vivere, crescere e interagire dentro questo mondo. Ma non è stato lui a crearne la struttura.

Ed è qui che avviene uno spostamento sottile, ma fondamentale: forse non sono io colui che controlla tutto. Forse sono colui che segue. E forse dentro di me non esiste solo la mia volontà, ma anche qualcosa di più grande che mi guida.

Ed è proprio qui che il discorso smette di essere solo sul corpo e comincia a essere sulla coscienza, sull’anima, sul cammino. Ed è di questo che parleranno le prossime parti.

Perché il primo passo sul sentiero spirituale non sono né le pratiche né la meditazione.

È una domanda onesta rivolta a se stessi:

«Chi sono io, se non sono solo il mio corpo? E sono pronta/o ad accettare il fatto che non creo gli eventi, ma sto semplicemente seguendo il cammino creato per me, come per altri miliardi di persone?»

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Dalla densità alla luce: un percorso di consapevolezza