Dalla densità alla luce: un percorso di consapevolezza

Quello che stai per leggere non è una verità assoluta e non pretende di esserlo. È una visione personale, nata dal mio percorso di vita, dagli studi, dalle formazioni, dalle crisi, dalle esperienze dirette e dagli attraversamenti interiori che mi hanno trasformata. Nel tempo questa visione si è nutrita dell’incontro con diversi insegnanti e maestri, fino a trovare una sintesi profonda nella Neurobiopsicologia, metodo creato dalla mia grande Maestra e guida, che ha dato struttura e coerenza a ciò che dentro di me era già in movimento. Tutto ciò che segue nasce dall’esperienza vissuta e non da un sistema di credenze da imporre.

Dio non è una forma, non è un volto, non è una voce che parla, che dà o che toglie. Dio è energia. Energia diffusa ovunque, non in un punto preciso, non solo in cielo o sulla terra, ma in ogni spazio, in ogni interstizio, in ogni cosa visibile e invisibile. Dio è ciò di cui è fatto il mondo, e insieme al mondo tutto ciò che esiste. È anche in noi, nella nostra anima.

Tutto è energia. La terra, l’aria, gli alberi, il corpo, i pensieri. Tutto si manifesta come energia a densità diverse. Il corpo è la più densa, l’anima la più sottile. L’anima è spazio di luce, parte della stessa sostanza da cui tutto nasce. Nulla, in verità, è immobile. Nell’universo nulla è davvero fermo. Anche l’atomo nella pietra si muove, più lentamente dell’acqua, ma si muove. Il movimento è ovunque.

L’energia della luce, l’energia divina, ha una vibrazione alta. Non si vede con gli occhi, ma si riconosce con il sentire. Si tocca dentro di sé. Si manifesta fuori, nella realtà. Connettersi al divino significa connettersi alla propria anima, alzare la vibrazione per percepire quella luce interiore, per sentire la propria unione con lo spazio. Significa scoprire che i confini non sono reali, che tutti gli esseri e tutte le particelle sono legati tra loro perché generati dalla stessa energia.

Per questo lavoriamo con il corpo e con la consapevolezza. Per elevare la vibrazione, per sentire la connessione con lo spazio, per uscire dal pensiero puramente materiale in cui esistono solo corpo e cervello, e scoprire che la realtà è infinitamente più vasta.

L’anima è uno spazio infinito di luce connesso con tutto ciò che esiste. Se siamo connessi, siamo in relazione continua. Ogni gesto, ogni pensiero, ogni scelta ha un effetto sugli altri. È come una catena in cui ogni anello tiene l’altro. Quando ogni anello si prende cura della propria solidità, la catena è forte. Quando anche uno solo si crede separato, la catena si spezza. Ma poiché tutto è in movimento, anche ciò che si spezza tende a cercare nuove connessioni. È la legge del magnetismo. Ciò che vibra alto si unisce a ciò che vibra alto. Ciò che vibra basso trova ciò che vibra allo stesso livello.

Alto e basso, denso e sottile seguono le stesse leggi della natura. L’aria, salendo, diventa rarefatta. Così accade nell’essere umano. Nei primi centri l’energia è più legata alla materia, alla sopravvivenza, al possesso, al controllo, alla competizione. Negli ultimi centri la vibrazione si fa più sottile, più ampia, più libera. Il cuore è il passaggio tra questi due mondi.

Nei primi livelli l’essere umano vive immerso nella logica della sopravvivenza. Qui nascono la rabbia, l’invidia, il bisogno di dimostrare, la lotta per prevalere, il confronto incessante. Qui dominano gli istinti, le reazioni automatiche, la difesa. È il territorio del cervello più antico, quello che conosce solo la legge del vincere o perdere.

Quando si lavora sulla sensibilità, quando il cuore inizia ad aprirsi, qualcosa cambia. Si inizia a sentire che ogni azione ha un effetto sugli altri. Che ogni vittoria è anche una perdita per qualcuno. Che ogni guadagno sposta un equilibrio. È qui che nasce l’esperienza dell’unità. È qui che l’anima inizia a essere percepita non più come qualcosa di privato, ma come un potenziale che chiede di essere espresso nel mondo.

È a questo livello che nasce la vocazione. Non come ambizione, ma come chiamata. Non per ricevere, ma per offrire. Il senso non è più ottenere, ma partecipare. Dare e ricevere diventano due movimenti dello stesso gesto. Si dona materia e si riceve spirito. Si dona spirito e si riceve forma. Qui il principio dell’equilibrio smette di essere un’idea e diventa esperienza.

Salendo ancora, lentamente, le grandi paure iniziano a sciogliersi. La paura di perdere, la paura della mancanza, la paura del giudizio. La famiglia smette di essere solo un luogo chiuso e diventa mondo. La protezione non è più solo personale, ma collettiva. Nasce una fiducia profonda nel fatto che la vita stessa sostiene i suoi passi.

In questo spazio si affaccia l’intuizione. Non la voce della paura, non il rumore degli altri, ma un sentire silenzioso che orienta. È quella forza che a volte porta a cambiare tutto, a lasciare, a partire, a rompere, a ricominciare. E oltre ancora nasce uno stato di libertà interiore in cui l’essere umano si muove in contatto con qualcosa di più grande di sé, con il proprio sé più alto, con l’anima, con Dio. Un Dio che non impone limiti, che non costringe, che non trattiene, ma che coincide con la libertà assoluta di essere ciò che si è davvero. Non una libertà esterna, ma una libertà interiore, profonda, la libertà di esprimere il proprio potenziale innato, di abitare la propria verità, di unirsi al proprio sé autentico.

Questi livelli non sono separati dalla vita. Sono il movimento stesso della vita. Come un germoglio che rompe la terra e sale verso la luce.

Il senso profondo dell’esistenza è riconoscere e manifestare i talenti dell’anima e del proprio lignaggio. È attraversare le paure e le emozioni dense che tengono lontani dal cuore. È aprire il cuore per poter amare davvero. È salire verso un livello di servizio attraverso il proprio destino, scoprendo una felicità che non nasce dal possesso, ma dall’essere utili, presenti, vivi.

In questa visione la neurobiopsicologia è un ponte. Unisce corpo, mente ed emozioni in un’unica struttura viva. Non come tecnica, ma come passaggio di coscienza. Non solo per guarire un sintomo, ma per cambiare livello. Per riconoscere le proprie catene interiori, la propria direzione, la propria forza vitale, la propria fede.

È un cammino lungo quanto la vita. Un cammino che difficilmente si percorre da soli. Si incontrano maestri, insegnanti, guide. Non tutti sono per tutti. Spesso prima di incontrare quello giusto se ne attraversano molti. Ma anche questo fa parte del percorso. Perché il senso non è arrivare. È muoversi. È diventare oggi un po’ più consapevoli di ieri, un po’ più presenti, un po’ più veri. E in questo movimento la vita si riempie di luce.

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Materiale e immateriale: dove finisce il corpo e dove inizia la coscienza